I venti principali che investono il nostro vulcano sono cinque: lo scirocco, il libeccio, il maestrale, la tramontana, il grecale (gli altri tre hanno breve durata e frequenza). Analizziamone alcune caratteristiche.
I venti della nostra zona
Lo scirocco proviene da Sud-Est, dall’Egitto e medioriente soprattutto, attraversando la penisola greca e la parte Sud dello stivale: è dunque un vento che ci giunge abbastanza secco per due motivi: i territori aridi e sabbiosi ed il fatto che l’ultima parte di percorso è sulla terra; dura mediamente 4 gg ed è abbastanza raro poiché si presenta quasi il 5% delle volte durante l’anno.
Il maestrale proviene da Nord-Ovest, offerto dal ciclone atlantico-iberico ed è abbastanza umido a causa dell’oceano, della regione francese attraversata (la quale è più fresca essendo più a Nord dell’Italia ed ovviamente del Nord Africa) e del golfo ligure, zona di mare. Dura più di ogni altro vento, 21gg, e si presenta molto spesso nell’arco dell’anno, il 39% delle volte.
Il libeccio proviene da Sud-Ovest, offerto di solito dall’anticiclone delle Azzorre, ossia dall’oceano Atlantico, dall’Africa Nord occidentale, attraversa il mar Tirreno e si presenta subito a noi: per questo motivo è più umido dello Scirocco; ha anche maggiore durata 7gg e si presenta spesso, il 17% delle volte all’anno.
La tramontana proviene da Nord ,offerta dal ciclone atlantico-britannico o dall’anticiclone sovietico ed ovviamente è più umida nel primo caso che nel secondo ove ha un percorso esclusivamente continentale; complessivamente dunque la Tramontana è meno umida del Maestrale ma molto più fredda. La durata media è di 8gg e si presenta il 17% delle volte durante l’anno.
Il grecale proviene da Nord-Est, offerto dall’anticiclone sovietico-balcanico, è più secco della Tramontana e costituisce con essa il vento più freddo che da noi si conosce.
Dura mediamente 12gg e si presenta molto spesso, ma meno del Maestrale, il 24% delle volte.
Quando abbiamo dei venti di provenienza marina (maestrale, ponente, libeccio, austro) ossia da Nord-Ovest a Sud aumenta il grado di umidità dell’aria e le nostre valli appaiono ricche di foschia che domina l’orizzonte. Con venti di provenienza continentale (Tramontana, Grecale, Levante, Scirocco) ossia da Nord a Sud-Est il più basso grado di umidità assicura panorami puliti fino all’orizzonte, anche in presenza di nubi.
Le temperature
Dato un qualunque mese dell’anno i venti continentali risultano più freddi mediamente di 6°C rispetto a quelli marini. Nei casi di cielo nuvoloso, invece, la differenza tra la temperatura diurna e notturna non è molta, ciò è dovuto al fatto che le nubi di giorno ostacolano la penetrazione dei raggi solari evitando un forte aumento di temperatura e di notte ostacolano la dispersione del calore che la terra ha accumulato durante il giorno; cioè un cielo abbastanza compatto di nubi svolge un’azione di effetto serra. Quando il cielo è privo di nubi la temperatura diurna sale di più e quella notturna scende di più del caso precedente: ciò accade per l’assenza dell’ostacolo offerto dalle nubi all’irraggiamento solare diurno ed alla successiva perdita di calore notturna.
Un’altra differenza tra condizioni di cielo pulito e cielo nuvoloso esiste quando studiamo il gradiente termico cioè la variazione della temperatura all’aumentare della quota:
- normale: quando la temperatura scende con la quota
- inverso: quando la temperatura sale con la quota
- adiabatico: quando la temperatura è costante con la quota
Attraverso delle osservazioni sappiamo che quando il cielo è nuvoloso, sia di giorno che di notte, il gradiente è normale; con cielo privo di nubi le cose cambiano sorprendentemente: mentre di giorno il gradiente è normale, con gli strati più bassi dell’aria più caldi di quelli alti, di notte il raffreddamento della crosta terrestre insieme al 1° strato atmosferico causa in esso un gradiente invertito: chiameremo il 1° strato strato di inversione. Lo strato di inversione si genera dalle prime ore della sera fino all’alba e prevalentemente in zone pianeggianti sia di bassa che di alta quota: nel primo caso, come abbiamo osservato sull’Agro Romano, è nei primi 200m, mentre in alta quota è molto più ridotto, 30m come sul bacino dell’Aniene (località Zagarolo p.es.).
In condizioni di cielo pulito di giorno si osserva un forte gradiente termico di valore medio pari a -1.5°C/100m ossia per ogni 100m di quota ascesi la temperatura scende di circa 1.5°C: per esempio, è facile osservare a mezzogiorno differenze di circa 9°C fra Roma e Monte Compatri. In condizioni di cielo nuvoloso di giorno abbiamo un gradiente termico medio di -0.75°C/100m ossia circa 4.5°C di differenza fra Roma e Monte Compatri.
Con cielo nuvoloso di notte abbiamo quasi lo stesso gradiente, con -0.5°C/100m. Infine con cielo pulito di notte e durante il periodo invernale abbiamo un gradiente termico di +2°C/100m nello strato di inversione e -1°C/100m dopo lo strato di inversione: si ha così la stessa temperatura alla periferia di Roma e a Monte Compatri; durante il periodo estivo abbiamo invece un gradiente termico pari a +1.5°C/100m nello strato di inversione e -1°C/100m dopo di esso, con temperatura più bassa a Monte Compatri.
La cronologia geologica
La storia geologica dell’area tuscolana e del distretto vulcanico dei Colli Albani è legata a fenomeni vulcanici originatasi circa 600 mila anni fa; prima di allora quella che oggi è la Campagna Romana appariva come una distesa di acque marine dalle quali emergevano i Monti Lucretili e Tiburtini, alcuni isolotti quali gli attuali Monti Cornicolani ed il Monte Circeo.
Nel periodo successivo le terre si erano gradualmente sollevate, emergendo dal mare, e nella pianura laziale, ormai già ricca di vegetazione e di vita animale, iniziavano i primi fenomeni vulcanici. A partire da questo periodo si susseguono episodi effusivi ed esplosivi protrattisi per lunghi periodi, suddivisi sommariamente in tre fasi temporali distinte per tipo di attività e volumi di materiali eruttali:
Prima fase: Apparato Tuscolano Artemisio
Questa fase (dai 700.000 ai 360.000 anni fa) ha portato alla formazione del recinto vulcanico esterno detto Tuscolano-Artemisio: periodo eruttivo di intensa attività vulcanica, con maggior volume di magma emesso, rappresentato da una sequenza di esplosioni piroclastiche e lave con conseguente formazione dell’omonimo strato vulcano. Questa fase si conclude con la formazione dell’ omonima caldera, per collasso della parte sommitale del cratere. L’attributo Tuscolano-Artemisio prende il nome dalle due cime del recinto esterno, il Monte Tuscolo m.670 a nord e il Maschio dell’Artemisio a sud-sud est (931 m).
Seconda fase: Apparato delle Faeta
Caratterizzata da minore intensità e dalla formazione dell’ edificio del Maschio delle Faete in posizione interna all’apparato Tuscolano-Artemisio, che rappresenta l’ultima fase di attività centrale. Dalla stessa bocca vulcanica dalla quale sono eruttate le lave dell’ apparato Tuscolano Artemisio sono fuoriusciti anche i materiali vulcanici dell’ apparato delle Faeta che costituisce l’impianto interno, con la massima altezza attuale di 956 m del Maschio delle Faeta. Questa seconda fase durò dai 300.000 ai 150.000 anni fa.
Terza fase: attività eccentrica o idromagmatica
E’ un periodo di intensa attività esplosiva dovuta ad una fase freato-magmatica (interazione tra i fluidi acquosi e magma), con sviluppo di crateri minori eccentrici alcuni dei quali ospitano oggi i laghi di Albano e Nemi. La porzione più antica del primo edificio vulcanico è ben visibile nella sua struttura di grande recinto a ferro di cavallo, con un diametro di circa 10 Km, formato dai monti del Tuscolo, di Rocca Priora, del Maschio d’ Ariano e dell’ Artemisio.
Questa terza fase (150.000 – 30.000 anni fa) è caratterizzata dalla presenza di numerosi camini vulcanici eccentrici rispetto alla bocca eruttiva principale e al fenomeno di interazione magma-acqua definita fase idro-magmatica. L’incontro fra la magma incandescente e l’acqua meteorica e di falda percolata nel sottosuolo ha prodotto una grande quantità di vapore con successive esplosioni che hanno creato profonde voragini dando così origine ai bacini del lago Albano, di Nemi, della valle Ariccia, di Giuturna, della valle Marciana, Prataporci e di Castiglione.